Cari genitori, sarebbe opportuno scaricare l’aggiornamento del software “gestione delle emozioni”, installarlo e riavviare il sistema. E’ crescente la nutrita percentuale di adolescenti che ha intrapreso, precocemente e riservatamente, un percorso di vita nella quale prevale il sesso e manca l’amore. A cornice di tale circostanza, seppur avvolta da una quantità di curiosità e diffidenza, troviamo da una parte genitori felici nell’apprendere che la propria figlia, a soli 14 anni, ha già deglutito qualche pillola del giorno dopo senza tanti problemi; vi sono anche quei genitori increduli nell’immaginare il proprio figlio, quello che sino a due anni prima si faceva fare la doccia soltanto da mamma, adesso improvvisamente impegnato a consumare rapporti sessuali senza precauzioni e con diverse ragazze; troviamo anche genitori intenti a vantarsi con amici e conoscenti di conoscere sino in fondo i propri figli ma, in realtà, buona parte della vita di quei ragazzi non è affatto nota che a pochissimi amici intimi, di cui nulla hanno a che fare con cerchia familiare d’origine. Esistono infine i casi rari, ma veri. Quelli in cui esiste ancora il rapporto genitore-figlio e persistono regole e ruoli ben precisi. Pensate un po, al fine di far perdere le tracce dei propri genitori, moltissimi adolescenti sono sempre meno interessati alla nota piattaforma social conosciuta come Facebook, in quanto è strapopolata dai familiari e pertanto giudicata “terra bruciata” e pertanto evitata. In questo nuovo panorama, la famiglia tradizionale che ruolo svolge? I genitori, oltre ad essere posti dai figli in una posizione di mera utilità, al punto di somigliare sempre più ad un bancomat destinato a dispensare danaro, senza necessità di un codice pin e senza una scheda, non si ritrovano più nella condizione di poter utilizzare strumenti utili per azionare un costante confronto su temi importanti, intrisi di regole e valori? Questi ingredienti di vita somigliano ad un vecchio treno a vapore, destinato alla sosta definitiva presso una stazione deserta, perciò le discussioni intra familiari sono catalogati alla voce tabù e perciò vengono volutamente abbandonati. Questa conoscenza ha intriso la coscienza di moltissimi genitori, incapaci di gestire l’empasse con i loro figli e sempre più costretti a far prevalere i silenzi facilmente degenerabili in litigi. Si, tante volte si cade nel litigio senza volerlo e si è spesso incapaci di comprendere come si è arrivati ad accettare la provocazione e litigare. A bocce ferme sappiamo benissimo che perdere la pazienza significa perdere la partita a tavolino e si finisce per cadere nella trappola tesa dai più giovani con il preciso intento di rompere il rapporto qualche giorno per poi doversi far riconquistare, finendo per far pagare il pegno al genitore per riappropriarsi di un rapporto. Questa dinamica potrà apparire strana, non reale. Chi vuole può rifletterci liberamente. Nel proprio silenzio rivedrà tanti frame di un film già vissuto amaramente. Essendo reiterata nel tempo, ormai è divenuta una prassi ben consolidata nella quale gli adulti non vogliono più caderci e finiscono per “evitare”, “evitare” ed “evitare” prima della temporanea rottura qualsiasi confronto. Si finisce per evitare un no utilizzando come via d’uscita la resa, destinata ad aprire la strada al volere del proprio pargolo. In questi casi, l’espressione tipica sarà: fai come ti pare. Con questa frase sopravviene la calma e tutto sembra tornare in equilibrio. In realtà l’equilibrio si è spostato perché c’è stata una traslazione della curva, destinata a non tornare più al punto di origine perché ha conquistato l’ennesima posizione in avanti. Spesse volte ho sentito dire “sta divenendo troppo oneroso riconquistare un figlio o una figlia, per me può fare come preferisce”. Mi è capitato più volte di confrontarmi con amici sull’argomento specifico, in tanti, hanno preferito glissare. Chissa perché? Sono invece ben condivise e comprensibili le ammissioni delle responsabilità genitoriali, associate alla crescente quantità di ore di “assenza” di mamma e papà da casa, dovute principalmente al lavoro ed a tutti gli altri adempimenti quotidiani, ivi inclusi gli appuntamenti per la piega o per l’appuntamento dall’estetista; accostate alle esigenze materne troviamo la crescente giustificazione paterna del troppo lavoro da concludere in ufficio o dalla difficoltà di far quadrare i conti per poter sbarcare il lunario. Dietro queste assenze ci sono molti perché. La penuria di attenzioni, oltre a generare una pericolosa curvatura durante un periodo molto delicato per nostri ragazzi, rischia di essere la “spinta” verso il burrone che intende accogliere e fagocitare le attuali e le future generazioni nel niente. Il Prof. Crepet, nei suo saggi, ci offre un chiarissimo contributo relativo ad una dinamica adolescenziale, potenzialmente sconosciuta da una parte crescente dell’universo genitoriale. Si nota a chiare lettere negli scritti dell’illustre accademico padovano il continuo richiamo alle responsabilità degli adulti, puntualmente destinato ad essere disatteso. Sono tanti i genitori che hanno buttato la spugna. Non ci credono più. E’ troppo difficile ed impegnativo. A ciò si aggiunge una ulteriore difficoltà vissuta dall’universo degli adulti dettato dal carattere costantemente cangiante degli adolescenti al punto di non consentire la costruzione di una vera e propria continuità nel tempo di un progetto educativo. Tutto ciò crea sconforto facendo perdere facilmente la pazienza e abbandonando definitivamente l’opera. Personalmente credo che il confronto e l’utilizzo degli strumenti conoscitivi, dettati dalla maturità propria dei genitori e dal sano possesso dell’esercizio educativo, valido anche per il Terzo Millennio, siano ancora uno strumento in grado di creare armonia, rendendo possibile qualsiasi intervento sull’insieme delle scelte compiute durante un’età giovanissima dagli adolescenti. Ricordiamolo a noi stessi, ci farà bene, durante questa delicatissima fase, spesse volte, il corpo può essere grande ma il possesso delle facoltà cognitive, legate alla capacità di ponderare le scelte, è inversamente proporzionale alla massa corporea. Quindi, l’errore è sempre dietro l’angolo. Quando si finisce per cadere ripetutamente nelle braccia sbagliate si finirà per avvertire una forza meccanica ma non la dolcezza dell’affetto eventualmente cercato. Non ricevendo amore si cadrà nel sesso, destinato a non essere considerato piacere e condivisione ma ci si predispone a dover sopportare un peso senza conoscere la felicità perché costretti a fissare la sofferenza della solitudine.