Arricchisce entrambe le parti contemporaneamente. Chi lo compie, nella stessa misura di chi condivide questa esperienza, ne apprezzerà le singole parole ed i singoli gesti, conservandone ogni traccia per la propria storia di vita. La capacità di ascolto e la conseguente sintesi emozionale sviluppata durante le varie occasioni di confronto avvenute durante la nostra vita verranno portate sempre a casa, per strada non lasceremo mai niente, perché abbiamo bisogno dei nostri tempi di elaborazione per costruire un vero e proprio bagaglio esperenziale destinato ad essere non più una corazza ma una regola dell’agire con i diversi interlocutori che incontreremo, di volta in volta, durante ogni esperienza di vita. Questa sensazione sarà utile in mille occasioni di vita e condivisibile con quanti si porranno nella condizione di poter riproporre la bellezza dell’esperimento che ci ha reso felici confrontandoci con un’altra o più persone. Reiterare ed approfondire il confronto potrà anche essere il pretesto volto a far nascere una bellissima amicizia tra gli interlocutori e divenendo nel tempo un vero e proprio valore aggiunto, destinato a crescere qualitativamente e potenzialmente ad anche più coinvolgente tra le parti interessate. Si pensi per esempio, alla base di un rapporto di coppia, forte e duraturo, potrà essere individuata anche una profonda e sincera amicizia adolescenziale. Gli adulti, di tali esperienze, ne traggono spesso spunti per poter costruire modelli educativi, modelli relazionali, segnali di apertura in circostanze di particolare disagio con il proprio interlocutore e finanche potrà essere un metodo da applicare ad uno stile di vita personale, professionale o aziendale. Quando il confronto, privo di giudizio, inizia ad essere utilizzato con maggiore frequenza, si aprono inspiegabilmente nuovi orizzonti nell’ambito relazionale. Non si tratterà di una magia ma dell’apprezzamento riscontrato dal mondo che ci circonda in un modo di fare gradito, ricercato e potenzialmente anche condivisibile. Proprio per questi motivi sarà possibile pronunciare nuovi discorsi riscontrando maggiore conoscenza tra persone. In questo caso spiccherà subito l’empatia di quanti avvertono l’esigenza di essere Comunità attiva e non Comunità isolata. L’amicizia non è aggiungere un nome all’interno di un social forum. L’amicizia è ben altra cosa. Scatta durante questa fase la curiosità nel voler conoscere sempre e meglio l’interlocutore, desiderando di poterci parlare più spesso e ampliando, di volta in volta, gli argomenti. Giunti a questa fase, nel risultato da noi portato a casa in ogni singola esperienza, verrà individuata la possibilità di poter rielaborare i trascorsi, suddividere le singole parti del discorso, rielaborare i silenzi, decodificare il significato degli gli sguardi, comprendere meglio il senso delle parole ed ogni altro elemento utile destinato a poter dare consistenza alla decodificazione dei significati riscontrati. Affinché il momento del confronto, tra due o più persone, sia davvero costruttivo basterà assolvere sempre ad una semplice regola: evitare pregiudizi e giudizi. Sarà anche indispensabile saper ascoltare. Sembra ormai diffusa la sola volontà di sentire. Tutto ciò non significherà limitarsi. Anzi. Messi da parte pregiudizi e giudizi si potrà sempre ricorrere a condividere con l’interlocutore il proprio pensiero, rafforzando l’assertività e autorizzando la persona interessata ad un medesimo comportamento che, ripeto, non dovrà mai trasformarsi nella violenza di un plotone di esecuzione per ogni parola pronunciata, ma l’interazione dovrà essere simile alla dolcezza ed al silenzio lasciato dai fiocchi di neve mentre raggiungono la terra, rendendo bianca ed incontaminata tutta la superficie interessata alla bella nevicata invernale. In questo modo verrà meno la violenza della sopraffazione, destinata a imporre le proprie visioni senza scampo alcuno per gli astanti sempre più propensi al silenzio ed all’indifferenza. Abbiamo già compreso, per esperienza personale e per circostanze pregresse, quanto sia diffusa tra le persone l’alto senso di gelosia nei confronti delle proprie idee e, in molti casi, abbiamo già compreso quanto sia difficile spostare l’asse di osservazione di colui che oltre a difendere le proprie idee si trova costretto a difendere le proprie posizioni. Chiariamolo e cerchiamo di diffondere il principio che cambiare idea non significa essere colpevoli di un reato gravissimo. Tutti possono cambiare idea. Molti riescono a trasmettere il cambiamento, altri, per spirito di autoconservazione e per non cadere nella contraddizione della maschera che hanno sempre indossato evitano di far notare il cambiamento. Personalmente sono convinto che cambiare idea significa aver maturato un percorso di vita ben preciso, essersi messo in discussione più e più volte, aver cercato nuove prospettive per affrontare la quotidianità. Aver trovato una nuovo punto di osservazione. Questo cambiamento, quando non compreso nel vero senso del termine, diviene l’elemento di destabilizzazione e di divisione. Quando accade, uno dei ricorrenti commenti sarà: non ti riconosco più. Ecco il classico esempio di giudizio. Robusto come un muro di cemento armato e destinato a dividere la relazionalità delle persone. Durante il resto della conversazione, tra l’interlocutore che ha maturato un percorso di cambiamento e la persona che ha rilevato tale fase, quel giudizio diverrà il pregiudizio di fondo per tutta la durata del dialogo. Ascoltare e parlare con quella persona, agli occhi dell’interlocutore cambiata, non sarà più cosa semplice. Personalmente sono sempre più convinto che la strada migliore, per rinforzare la qualità delle relazioni interpersonali, consista nel metterci in gioco grazie alla parte più bella nostra caratteriallità, ricercando la bellezza del carattere di chi ci ascolta senza dover sminuire il resto come obbligatorio punto di partenza, senza creare tensione per far sbagliare l’altro e poi rimproverarlo, senza alimentare pregiudizi ma anteponendo un grande senso di apertura e disponibilità al confronto. Un semplice discorso, intriso da una fase metacognitiva, nella quale l’empatia genera valore aggiunto tra le parti potrà essere la giusta scintilla per condurre gli interlocutori ad una migliore collaborazione, rendendo così, un semplice processo comunicativo una vera e propria relazione di interscambio perfettamente circolare. In questa fase starà bene tutto, tranne il pregiudizio ed giudizio. Quando manca la capacità di comunicare, a casa si porta rabbia, frustrazione incertezza e dolore. Le aspettative vengono meno e le occasioni di crescita sono tradite, bloccate ed escluse dai processi relazionali. Non si accende l’amicizia e si è costretti a lasciare spazio ad una sterile conoscenza, vuota di significatività. Gli spazi da colmare saranno enormi e non vi saranno elementi di condivisione da offrire per contenere le proprie emozioni. Spero sia chiara la motivazione silente utilizzata dai nostri ragazzi durante i vari tentativi, spesso andati a vuoto, quando si tenta di avviare approccio al dialogo. Alla base di quella chiusura, molti dei nostri ragazzi ragazzi individuano l’aver dovuto sopportare il costante giudizio emesso nei loro riguardi da genitori, insegnanti, educatori e pseudo conoscenti volto unicamente a chiudere le porte alle relazioni perché reputate meno importanti della significatività dell’apparire. Questo ambito è simile ad uno stagno: potrebbero annidarsi anche patologie, ma questo non è campo di mia competenza, mi limiterò perciò ad osservare questa prospettiva tangenzialmente, lasciando a chi ha le competenze il resto. Creato il divario si rompono le relazioni e cadono i ponti. Per concludere, quando non ci sono gli ingredienti di cui è stato fatto cenno, il rapporto è senza pace perché viene meno la circolarità destinata a far rimane una semplice fase di comunicazione interpersonale, dedita esclusivamente a fornire minimali e superficiali informazioni tra le parti di volta in volta interessati. Sarà inutile tentare di forzare il sistema, in contropartita saranno persistenti i segni della chiusura. A volte potranno esserci manifestazioni di sfida. Uno di questi segnali, sempre più preferiti tanto dagli adolescenti quanto dagli adulti è il vizietto di sminuire continuamente gli altri, unitamente alla manifesta mancanza di fiducia principalmente palesata verso il proprio prossimo e poi riverberata in se stessi. E’ questo il complesso e sottile segnale da cogliere per rivedere la ricetta della relazioni. Lasciar suonare questo campanello a vuoto significa continuare ad alimentare il senso di solitudine e sfiducia presente nella persona che aveva deciso di riuscire ad essere solo perché da soli si è più forti e da soli si può vincere. Nessuno di noi ha mai vinto da solo. Perciò è importante avviare il confronto. Concludo questa mia riflessione lasciando aperto il caso, chiedendomi e chiedendoti: riusciremo un giorno ad essere tutti d’accordo sull’impossibilità di cambiare le persone decidendoci ad accettarle per come sono? Saremo capaci di smetterla di devastare quanti non la pensano come noi, mediante il costante ricorso all’uso di giudizi e pregiudizi, utilizzati più per difenderci che per attaccare?
Francesco Rao – Sociologo