L’evoluzione degli attuali mezzi di comunicazione ci hanno coinvolto nell’universo della messaggistica istantanea, basti pensare che in occasione dell’ultimo capodanno sono stati inviati oltre 63 miliardi di messaggi. Tutto ciò oggi è possibile grazie ai moderni sistemi di interazione ed all’evoluzione dei telefoni cellulari nonchè dalla diffusione dei social forum. Il ricordo della comunicazione epistolare, con i suoi lunghi tempi di consegna ed il profumo dell’inchiostro, rimangono un vero e proprio ricordo intriso da una bellezza particolare. Tutto ciò ha inciso profondamente anche nei comportamenti personali e nelle modalità di comunicazione. Dall’atteggiamento maniacale dettato dal controllo continuo del nostro telefono cellulare per verificare l’arrivo di sms, messaggi vocali e vari “emotion” siamo divenuti sempre più attenti nel verificare la copertura di rete, lo stato di carica della batteria, la quantità di giga. Questi atteggiamenti non appartengono soltanto ai giovani, ma sono diffusi anche tra altre generazioni. Per comparazione con i tempi passati, potremmo dire che siamo riusciti a sostituire quella curiosità di veder arrivare il portalettere o controllare la cassetta della posta con il semplice gesto praticato ormai milioni di volte: pigiando con dito della nostra mano il display del nostro device entriamo in comunicazione. Tutto ciò avviene in qualsiasi ora del giorno e della notte con l’aggravante che un semplice gesto è divenuto nel tempo non più una verifica ma una vera e propria dipendenza. I ragazzi e le ragazze percepiscono questi indicatori sia perché veicolati dal mondo degli adulti sia perché praticati tra coetanei ed indispensabili a mantenere il costante contatto all’interno della Comunità di riferimento. Il dato interessante, emerso dal costante confronto con i giovani, è la piena consapevolezza di una gerarchia assegnata ai vari messaggi ricevuti: ad alcuni messaggi bisogna rispondere nell’immediatezza, ad altri quando si può. Nel primo caso l’impossibilità diviene sofferenza, instabilità, causa di ansia e malessere; nel secondo caso nulla quaestio, la risposta verrà resa quando possibile. Questo dato, spero possa essere utile a far veicolare la capacità di priorità praticata dai giovani con determinazione e consapevolezza. Questo esempio spero possa essere anche un vero e proprio incoraggiamento per continuare ad alimentare un costante confronto volto soprattutto alla crescita ed alla scoperta di valori sociali particolarmente indispensabili alla tenuta strutturale del sistema delle relazioni. I mass media parlano dell’amore a modo loro, dovendo non solo adattarsi alle potenzialità espressive specifiche dei vari canali utilizzati (dalla voce alla scrittura, dall’immagine alla sequenza cinematografica e televisiva), ma soprattutto rispettando i molteplici vincoli che rendono possibile la loro integrazione nella vita sociale. Se, per generale ammissione, i mass media sono assoggettati alle dure leggi del mercato e della spettacolarizzazione, allora anche la rappresentazione sociale dell’amore, cui daranno voce i singoli attori interessati, risulterà vistosamente deformata da pressioni esterne a ciò che le persone vivono come “amore”. Assistiamo perciò a trasmissioni dove tutto emerge tranne qualche supporto utile e volto ad approfondire la propria esperienza sentimentale. A dire il vero, sembrerebbe essere diffuso un sottile messaggio volto a far comprendere l’inesistenza dell’amore. La causa di tutto ciò potrebbe essere fornita dall’audience, orienta sempre più alla scelta di temi e di programmazioni costruiti da palinsesti intrisi di puro esibizionismo vuoto di sentimenti e intento a spettacolarizzare l’anomalo o l’abnorme peso della solitudine. Ecco perché anche nei temi dell’amore solo l’eccesso è “notiziabile”: l’eroismo di una dedizione silenziosa o la brutalità di un plagio abilmente occultato, l’anoressia o la bulimia sessuale o lo scarto di età. Personalmente non condivido l’abusato esempio di giudizio veicolato da quanti intravedono nella degenerazione violenta del rapporto tra uomo e donna un “amore malato”. Vi sono poi vincoli che derivano dal formato enunciativo in cui passa un certo modo di intendere l’amore nei media. Ad esempio, le narrazioni d’amore affidate ai fotoromanzi e alla loro versione televisiva nelle soap opera ne isteriliscono la portata in schemi seriali, altamente prevedibili e stucchevoli. Invece, le sequenze di immagini che si appigliano fugacemente all’amore nei videoclip, legati al lancio di dischi o di film, proiettano le attese di senso per questo sentimento in scenari paradossali, innaturalmente scintillanti o tenebrosi. Per non dire il risultato fornito dalle varie linee telefoniche hard core pubblicizzate dai giornali e dalla televisione destinate a rendere disponibile una rappresentazione della componente erotica dell’amore come una esperienza non soltanto solitaria e meccanica, ma anche tristemente monosensoriale. In sostanza, i media tendono a confermare i modelli culturali tradizionali non consentendo a volte la visione della bellezza dei sentimenti Una prova particolare è fornita dalla differenza di genere nel modo in cui i giovani aderiscono alla rappresentazione sociale dell’amore fatta circolare dai media. Certo, esiste un linguaggio globale e comune sia per i ragazzi sia per le ragazze, cioè la canzone: per la sua stessa materia significante (testo e musica), essa comunica facilmente ai giovani che il vincolo amoroso è un bioritmo, un’armonia sincopata e una ricerca tonale. Ma al di là della cultura della canzone si intravedono già alcune differenze significative. Le ragazze rivelano un interesse spiccato per le rubriche di questioni di cuore che trovano soprattutto on line. Dalla lettura di queste storie, spesse volte ci si rivede, ci si interroga e il frutto di tali riflessioni, dapprima sono personali poi trovano evoluzione nel coinvolgimento del proprio partner ponendo la diversità di opinione, nel trattare l’argomento, come causa di un confronto a volte anche acceso; i ragazzi, invece, si lasciano attrarre dalle situation comedy, in cui la relazione amorosa viene presentata con uno sguardo divertito e a tratti addirittura parodico. Forse proprio in questo contrasto è possibile vedere una certa funzione positiva dei media, che consiste nel prospettare l’ambivalenza del quadro interpretativo cui non è possibile sottrarre nemmeno il sentimento amoroso. A ben guardare, il rischio più grave insito nel discorso mediatico sull’amore si annida nella sua tendenza alla fisicizzazione, che peraltro si rivela operativa in modalità opposte al punto tale di far apparire i media come ossessionati dall’intento di valorizzare la traccia biologica dell’amore. Appare periodicamente la notizia della scoperta di questo o quel gene che ne controllerebbe l’attivazione e le variazioni personali o di questo o quel neurotrasmettitore che tradurrebbe i significati culturali in modifiche elettrochimiche del cervello. Dall’altra, i media enfatizzano tutte le opportunità di sganciare l’esperienza affettiva dalle calde certezze del contatto corporeo. Alla luce di queste dinamiche, si potrebbe cercare la causa rilevata dal diffuso utilizzo praticato durante questo Terzo Millennio, caratterizzato da un moderno sistema di corteggiamento strutturato non soltanto dai moderni sistemi di comunicazione ma soprattutto dalla velocità praticata per conquistare ed essere conquistati in continuazione. I social network nella nostra epoca rendono possibile non solo l’avvio di incontri virtuali ma addirittura divengono l’occasione ideale per avviare rapporti stabili, senza limiti d’età resi possibili all’interno di una cerchia amicale molto più estesa di quella frequentata quotidianamente. Il superamento del vecchio schema di corteggiamento, a volte durato anche anni, oggi è azzerato dalla velocità fornita dai potentissimi mezzi di comunicazione. Lo spasmo di esaltare il corpo interiore (il codice genetico e il cervello), mentre si cancella il valore dell’azione tra i corpi reciprocamente presenti l’uno all’altro, chiarisce qual è la portata dell’attacco strategico condotto dal sistema dei media al mondo della vita (inter)personale. Infatti, a risultare svuotata è proprio la metafora ontologica che culture millenarie nella storia del pensiero occidentale e orientale hanno fornito all’autoconsapevolezza dell’uomo, cioè la distinzione esterno/interno o superficie/profondità. Il tono riduttivo e banalizzante del discorso mediatico concernente le “questioni di cuore” è fin troppo palese. Una relazione sana ed equilibrata con sé stessi tende a vivere come eccessivamente intrusiva l’aspirazione sempre più diffusa dei media a occuparsi “a modo loro” di argomenti così decisivi per l’identità intima delle persone. La rete mediatica delle scenografie d’amore e d’altri affanni è così estesa e capillare che è pressoché impossibile non rimanerne impigliati. Prima o poi il singolo è attraversato dal sospetto che la sua storia d’amore, i suoi tic nascosti ed i propri grovigli cui è tanto legato siano appannaggio di tutti, perché sono già là sulla scena all’interno della fitta rete della connessione animata dal mondo virtuale.