L’atteggiamento di disponibilità al dialogo da parte dei giovani è di rilevante importanza, sia esso all’interno del gruppo familiare, sia all’interno del gruppo amicale. Il dialogo genitori/figli evidenzia una molteplicità di elementi positivi, ad esempio la comunicazione consente di condividere dubbi e chiarire problemi, per cui esso ha una funzione pedagogica nella formazione dei giovani. Inoltre, stimola le capacità critiche. I genitori hanno un interesse molto elevato nei confronti dei figli, questo comportamento è importante, nell’ambito di una società caratterizzata da un marcato clima di competitività che alimenta comportamenti non sempre in linea con le esigenze che provengono dal mondo familiare. In particolare, l’attenzione dei genitori verso i figli aumenta nell’età che gli studiosi definiscono a rischio, tra i 10 e i 13 anni, quando i figli avanzano pretese di presunta libertà ed autonomia giustificate in riferimento ai mutamenti che interessano la loro struttura fisica e psichica. Il dialogo in famiglia offre ai genitori la possibilità di sottrarre i giovani alle diffuse e insistenti forme di condizionamento culturale da parte di agenti extra-familiari ed extra scolastici. Un altro aspetto che la presenza del dialogo nelle famiglie ha evidenziato è l’accorciamento delle distanze tra genitori e tra genitori e figli, dovuto all’evoluzione della rigidità gerarchica che esisteva tradizionalmente. I figli assumono sempre maggiore centralità e riescono a parlare con i genitori di argomenti multitematici. Il dialogo è determinante per la corretta strutturazione della personalità dell’individuo, esso educa al rispetto di alcune norme fondamentali per quanto riguarda certi comportamenti da tenere, mentre sollecita l’attività del pensiero. I giovani del Meridione dialogano con i loro familiari molto più dei loro coetanei delle altre aree geografiche d’Italia. Non esiste una possibile correlazione tra i titoli di studio posseduti dai genitori e l’intensità del dialogo con i loro figli La tendenza al dialogo risulta inversamente proporzionale all’età: più si è avanti negli anni e più la conversazione tende a diminuire. Il periodo più difficile, quello dei ragazzi d’età compresa tra 14 e 16 anni, è quello in cui si parla “poco “ con i genitori perché è una fase della vita in cui affiorano comportamenti di particolare riservatezza, connesso ad un rilevante processo di trasformazione che interessano il corpo e la sfera psicologica. La figura della madre mantiene un ruolo tipicamente espressivo, prevale ancora nell’ambito dei colloqui infra-familiari, e i figli la considerano il referente privilegiato per le loro conversazioni. La figura paterna risulta, invece, poco centrale nell’ambito dei discorsi con i figli. La cultura dell’ascolto non è ancora diffusa all’interno dell’universo dei padri che, pur se disponibili ed amorevoli verso i figli quanto le madri, risultano maggiormente misurati sia nel processo di comunicazione infra-familiare e sia nelle loro esternazioni affettive. Per quanto riguarda il livello di frequentazione con i figli, le possibilità di dialogo sono analoghe con entrambi i genitori, dato che la donna ormai risulta diffusamente coinvolta in attività lavorative extra-familiari. L’atteggiamento nei confronti dei temi oggetto della conversazione nell’ambito della famiglia, acquista maggiore o minore importanza in base alla diversità sessuale dei giovani, al capitale culturale dei genitori ed alla loro posizione lavorativa e sociale. L’argomento che trova minore spazio all’interno dei discorsi familiari è lo sport e lo spettacolo. L’interesse per tutti gli altri argomenti é sostanzialmente sempre alto. Le variabili che aumentano o diminuiscono l’interesse per gli argomenti sono legate alla posizione lavorativa dei genitori ed al livello di scolarità degli stessi. Ad esempio la scarsa attenzione verso i problemi della politica e della società sottintende una non adeguata presa di coscienza dei fenomeni politici. Nelle famiglie con genitori pensionati che hanno lavorato o con genitori che lavorano c’è una maggiore attenzione verso i temi della politica perché hanno verificato quanto la politica sia fondamentale ai fini del lavoro. L’interesse per i problemi familiari è significativamente alto, ma si differenzia a seconda della posizione lavorativa e il titolo di studio dei genitori, la diversità sessuale dei giovani, il luogo di residenza. Le conversazioni sui problemi familiari sono maggiormente centrali nelle famiglie in cui i genitori non lavorano. Ad esempio quando la madre non lavora o è pensionata oppure quando il padre è cassaintegrato. Nelle aree geografiche fortemente interessate da disoccupazione crescente é alto il livello d’interesse per i problemi familiari. Il livello d’interesse ai problemi familiari è più alto nelle famiglie dei giovani che risiedono nella provincia, mentre la percentuale diminuisce nelle città. Un altro tema, molto discusso nelle famiglie, è quello che riguarda il “futuro” dei giovani. Questo argomento crea tensione, ma questa è giustificata se si pensa alle condizioni socio-ambientali e le prospettive di occupazione e di progresso dei giovani. La difficoltà occupazionale, la disoccupazione intellettuale, dovuta anche alla non spendibilità dei titoli di studio, la crisi socio-economica globale, la criminalità organizzata, la droga, la crisi di alcuni valori tradizionali e la caduta di una certa condotta etica, sono tutti elementi che preoccupano le famiglie e su questi temi la conversazione con i giovani nell’ambito delle famiglie tende ad aumentare, sia per cercare soluzioni alle difficoltà, sia per preparare i giovani ad affrontare il percorso della vita con responsabilità. L’interesse per il futuro dei figli e dei loro problemi assume una maggiore attenzione nelle famiglie più deboli, ad esempio dove i genitori sono fuori dal mondo del lavoro. Nelle conversazioni tra genitori e figli si parla anche di valori. Secondo gli schemi culturali tracciati da Merton,” le famiglie della media borghesia avvertono la necessità non solo di rispettare i valori dominanti, che sentono come una divisa da indossare, ma sentono anche di doverli trasmettere alle generazioni emergenti”. Il livello di attenzione verso i valori è maggiore nelle famiglie con un capitale culturale più alto, anche perché queste famiglie vivono in maniera più contigua a quei contesti dove i valori vengono ritenuti imprescrittibili e funzionali al vivere civile e corretto. Si parla dei valori più nelle famiglie che vivono nelle piccole comunità della provincia piuttosto che in città. Secondo Weber “la città rende liberi”, liberi da quel controllo sociale che nelle piccole comunità è diffusamente presente anche per i rapporti di conoscenza generalizzati. L’anonimato delle aree urbane e metropolitane libera gli individui, i quali sentono di poter agire anche in maniera difforme da come indicato dai valori comunemente accettati e condivisi. Nelle famiglie con figlie femmine è più marcata la tendenza a parlare di valori anche in riferimento a una particolare convinzione che vuole la donna come il custode e l’agente di trasmissione di comportamenti e di modi di vita funzionali alla difesa della dignità.
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f.r.