Hanno lavorato senza sosta, dividendo la giornata in mille rivoli per mantenere unita la famiglia e talvolta il loro apporto è stato il cuscinetto per superare la disperazione della fame e le umiliazioni patite a causa di una mancata considerazione della loro dignità. Hanno pianto il loro silenzioso dolore, senza turbare i figli e quando il pochissimo pane a disposizione non bastava erano loro le prime a dire non ho fame. Hanno governato la famiglia con zelo e determinazione quando i loro mariti, chiamati in Guerra partivano al fronte e non era scontato il loro ritorno a casa. Quelle donne sono state straordinarie ed uniche ed il loro silenzioso vivere ha fornito all’Italia i soldati per le due Guerre Mondiali e nel dopoguerra la manodopera a costi bassissimi per le imprese e per le industrie Nord Italia ed a seguire sono stati i figli di quelle generazioni a lavorare per lo Stato arruolandosi nelle Forze Armate e di Polizia, scegliendo la scuola per studiare e per poi raggiungere i più elevati riconoscimenti accademici e cattedratici. Sono figli di quelle mamme i numerosissimi medici ed infermieri che hanno trovato occupazione nei più importanti e prestigiosi Ospedali del Centro-Nord. Lasciando la Calabria, oltre alla propria terra c’era il distacco dalla propria famiglia. Ieri come oggi, il Meridione è povero, arretrato e moltissimi non avranno futuro. Il dolore vissuto da quelle donne, ossia dalle mamme di quei figli che avevano imparato a sognare velocemente per disperazione, spesso viene sottaciuto mentre a mio avviso dovrebbe ricevere il più alto riconoscimento da parte delle Istituzioni. Quelle donne erano tristi, anche quando giovanissime si sposavano e poi diventavano mamme: sapevano benissimo che i loro figli, se maschi erano destinati all’emigrazione o alla povertà; se donne avrebbero vissuto con molta probabilità una vita di stenti e sacrifici. Il tempo ci ha consentito di gustare il benessere ed il sistema post-industriale a ridotto ogni distanza ma tante donne di Calabria, ancora oggi come ieri, hanno il cuore a pezzi perché i loro figli non hanno un lavoro e di conseguenza non potranno avere un futuro.
Molti anni addietro ho avuto la fortuna di poter osservare il sorriso di una anziana signora, comprendendo sino in fondo l’eccezione dettata dalla circostanza. Dovevo ancora concludere gli studi universitari e per qualche mese ho lavorato presso l’Ufficio postale di Mammola, piccolo paese vicino casa mia, con la mansione di portalettere. Ogni giorno vedevo l’anziana signora seduta su una vecchia sedia posta davanti alla propria abitazione. Quando consegnavo bollette e posta ordinaria quella signora oltre a ringraziarmi mi augurava buon lavoro. Un giorno consegnai una lettera che aveva i bordi blu e rossi, arrivava dal Canada. Alla visione di quella lettera, guardandomi fisso negli occhi, l’anziana signora improvvisamente ha accennato un timido sorriso e ringraziandomi, con le sue piccole mani mi strinse la mano. A distanza di qualche giorno apprendevo che suo figlio rientrava in Italia dopo oltre 30 anni di permanenza in Canada. Quella donna, la sua umiltà e quel sorriso, disegnato su un viso nel quale le rughe avevano tracciato ogni sofferenza e le difficoltà di una vita, mi hanno fatto comprendere il peso del dispiacere vissuto in silenzio da una mamma che come tante altre mamme calabresi hanno visto partire i loro figli talune volte per necessità ed altre per disperazione.
In questi giorni si sta registrando l’avvio della Campagna elettorale per l’elezione dei Consiglieri e del Presidente chiamato a governare la Regione Calabria per i prossimi cinque anni. L’entusiasmo ci sta, come ci sta anche l’accelerazione della propaganda. La mia domanda al mondo della politica è una: oltre alla propaganda ed messaggi mediatici, si riuscirà ad anteporre a sondaggi, selfie, dirette, foto e like un semplicissimo desiderio nutrito dalla gente di Calabria, sino ad ora mai intrapreso seriamente e compiuto sino in fondo? Mi riferisco alla possibilità di restituire alle donne di Calabria ed a tutte le mamme Italiane quel piccolo sorriso di serenità che potrà esserci soltanto quando i nostri Giovani potranno contare sulla grandezza di un’Italia che oltre ad agire pensa ai propri figli rendendo attuabile un futuro migliore. Oggi il nostro futuro viene interamente poggiato sulle spalle dei nostri Giovani ma per loro non c’è una visione complessiva del futuro e non si intravedono le opportunità per generare lavoro. Tutto ciò, mi dispiace doverlo pensare, ma potrà essere l’ennesima causa che alimenterà l’emigrazione dei nostri Giovani con numeri molto più elevati rispetto al passato. Per onorare i debiti che l’Italia sta sottoscrivendo per superare la crisi pandemica, sarà indispensabile creare opportunità di lavoro. Il Meridione, anche in questa sfida si trova ai nastri di partenza in maniera nettamente svantaggiato: oltre alle competenze mancano i progetti, le strutture ed una nuova capacità di guardare al futuro con l’intento di non reiterare gli errori del passato.