Le elezioni, da intendere come esercizio democratico del potere, assegnato dalla Costituzione agli Elettori, dovrebbe rappresentare l’avvio di una rinnovata fase di rinascita, tanto per il territorio quanto per il tessuto sociale. In tale ambito, lo scenario ideale avrebbe bisogno di essere animato da soggetti pronti ad assumere il ruolo e la funzione non solo per rappresentare quel territorio ma per esercitarli nel tempo sia con la diligenza del buon padre di famiglia sia attraverso una diffusa azione riconducibile a quanto svolto dai facilitatori di sistema, impegnati a individuare un metodo per risolvere le varie problematiche richiamate nel percorso descritto nell’attuazione dei programmi presentati agli Elettori che dovrebbero sostituire le vecchie cattedrali nel deserto con progetti snelli, credibili, realizzabili e immediatamente utili al territorio e alle persone ivi residenti.
Nell’aprire questa riflessione ho già utilizzato troppe volte il condizionale e i miei gentili lettori avrebbero ragione nel pensare che io sia pessimista. È opportuno, prima di proseguire, tranquillizzare quanti hanno avuto tale impressione leggendo queste prime righe. Farò ciò ricorrendo a una semplice affermazione: ho molta fiducia nelle disposizioni contenute nella nostra Costituzione ma ho molta paura per gli atteggiamenti assunti da quanti la ignorano. Questa affermazione non vuole essere l’occasione per sottolineare le profonde differenze tra le due sponde del fiume, semanticamente riconducibili ai ruoli esercitati nei civici consessi, eletti democraticamente, nelle quali la fazione che amministra e la fazione che controlla somigliano sempre più a quei combattenti che la storia ci ha consegnato come attori impegnati ad animare il Colosseo ai tempi dei Romani.
La Calabria, il prossimo 3 e 4 ottobre, chiamerà nuovamente alle urne gli Elettori per procedere all’elezione del Presidente della Giunta regionale e dei rispettivi Consiglieri. Purtroppo, l’improvviso vuoto lasciato dall’on. Jole Santelli rappresenterà per moltissimo tempo, oltre al dolore per la perdita di una persona speciale, l’imprevista interruzione di un metodo praticato da colei che oltre a credere nella bellezza dei sogni, era riuscita a rendere il suo sogno un desiderio comune, abbracciato lentamente da una stragrande percentuale di Calabresi, vicini o distanti da una specifica appartenenza politica.
Il prossimo turno elettorale, per numerose motivazioni, oserei definirlo come l’ultima occasione per la Calabria e soprattutto per i Calabresi. Non è mia intenzione entrare nel merito delle varie statistiche, con le quali vengono confezionati sondaggi sempre più reconditi e propensi a scrivere con anticipo la vittoria di uno tra gli schieramenti che ancora non hanno nemmeno formalizzato le liste con i rispettivi programmi. Sappiamo benissimo che la corsa per presiedere la Giunta regionale è partita da tempi non sospetti. In parte abbiamo assistito alle azioni compiute dai vari partiti politici, guidati da leader animati dalla volontà d’imprimere il loro nome e cognome sulle scelte future. A volte, all’interno di tale cornice è stato impossibile apprendere e comprendere i contenuti degli accordi politici, forse pianificati ricorrendo a logiche trasversali che i Calabresi, poco avvezzi ai sistemi praticati nei palazzi del potere, finiranno per legittimare.
Il voto, inteso come massima partecipazione democratica e criterio di scelta per l’indicazione dei rappresentanti del Popolo nelle varie Assemblee elettive, con il trascorrere del tempo ha perso la funzione costituzionalmente prevista e tutelata, in quanto è stato trasformato in una sorta di consenso referendario a favore di uno tra i tanti partiti politici presenti nell’emiciclo costituzionale, sempre più deserto da quel dialogo costruttivo in quanto la priorità di una buona parte degli Eletti è la propaganda da praticare in lungo e largo per l’Italia, relegando margini di tempo per l’esercizio dei soliti copioni, messi in scena in una delle due Camere per verificare di volta in volta la tenuta del Governo mediante la discussione e la votazione delle mozioni di sfiducia o nella discussione degli emendamenti spesso utilizzati per creare ostruzionismo anziché per arricchire le singole proposte di Legge. In questo scenario, i programmi elettorali rappresentano l’identica funzione svolta dai sistemi di produzione oligopolistica in un mercato privo di forze e pronto ad accettare l’offerta che lo affrancherà da maggiori sofferenze.
L’inversione di tendenza con il conseguente mutamento socioeconomico è possibile. In alcune regioni d’Italia è già avvenuto ed ha anche consolidato straordinari risultati. In altre regioni, purtroppo, non si è registrata questa spinta dal basso per un semplicissimo motivo: la regola imperativa, di volta in volta, non è stata coincidente con il desiderio di generare la crescita e lo sviluppo, attivando percorsi virtuosi ma l’intento è stato sempre identico: rincorrere la vittoria della specifica competizione elettorale per poi ritrovarsi a dover spegnere incendi divampati tra i componenti della stessa coalizione vincente, costruita per l’occasione e in molti casi non omogenea. Tutto ciò, inevitabilmente si tradurrà per l’ennesima volta nel mancato rispetto degli impegni assunti con gli Elettori e l’unica risposta consisterà nell’individuare ogni giorno un nemico da combattere per sviare l’attenzione generata dai fallimenti amministrativi e politici.
Le persone non dimenticano gli impegni che i politici affermano di volta in volta nelle piazze o durante i confronti televisivi. Quanti hanno creduto in quelle parole, spesso utilizzate abusando della debolezza umana, oggi scelgono di non andare a votare. La loro astensione, vero tema indiscusso, dovrebbe far riflettere il mondo della politica, ma a quanto pare non fa paura a nessuno. Volendo essere cinici, tale dinamica potrebbe trasformarsi in un fortissimo alleato per uno degli schieramenti impegnati in qualsiasi competizione elettorale. Vada come vada ci sarà sempre una maggioranza di Elettori che si esprimerà a favore di qualcuno e gli astenuti, non esercitando il loro diritto di voto, contribuiranno a loro insaputa a rendere ancora più facile la vittoria di chi ha promesso tanto con la cosciente certezza di non poter mantenere nemmeno il minimo dell’impegno assunto.
Il 3 e 4 ottobre potrà essere il nostro nuovo punto di partenza per costruire il futuro. È proprio questo il nocciolo della questione che sta sfuggendo di mano agli Elettori Calabresi. A oggi, abbiamo sentito parlare ad libitum di candidati alla carica di Presidente della Giunta mentre poco o forse nulla è stato detto in merito al capitolo più importante della sfida messa in atto: il programma da svolgere e come intercettare i fondi da utilizzare.
Alcune curiosità sono dovute e le condivido con i nostri lettori, senza nascondere una forte preoccupazione. Chi realizzerà le mappature per strutturale il fabbisogno dei vari interventi senza realizzare opere destinate a essere superflue e superate? Chi scriverà i progetti per l’ottenimento dei fondi previsti dal PNRR? Ci sarà il coraggio per attivare alcune cabine di regia, coinvolgendo il Governo centrale, affinché possano essere superate definitivamente quelle problematiche afferenti al settore della sanità, della disoccupazione giovanile, del dissesto idrogeologico, del superamento della pagina relativa al commissariamento di moltissimi Enti, strategici per lo sviluppo regionale? Oltre a questi temi c’è tanto altra da fare per una Calabria che in molti settori segna il passo, ma a quanto pare le priorità sono ben altre e non è dato sapere quale cronoprogramma verrà praticato per poter ripartire.
Infine, non perché io pensi che i Giovani rappresentino il fanalino di coda della nostra società, ma riponendo in essi una straordinaria fiducia, vorrei sperare che grazie a loro la presente riflessione possa essere anche motivo di confronto in famiglia, tra amici, tra compagni di classe, nel mondo delle associazioni per richiamare l’attenzione dei Calabresi. Ognuno di noi, anche se non direttamente impegnato in politica, grazie al desiderio di partecipare per alimentare in modo concreto il dibattito con l’intento di non ripiegare sulle repliche da sempre messe in atto da quella parte del mondo politico propenso a scegliere di percorrere una strada senza poi esercitare il mandato con quella diligenza messa in atto dal buon padre di famiglia. Per tale motivo, sapendo di essere un sognatore e cosciente del contenuto provocatorio di questa riflessione, vorrei chiedere a tutti i candidati, impegnati per le prossime elezioni regionali del 3 e 4 ottobre, sia alla carica di Presidente, sia alla carica di Consigliere regionale, di rendersi disponibili a sottoscrivere pubblicamente un contratto con gli Elettori nel quale siano contenute, oltre alle priorità da raggiungere e consolidare per il breve, medio e lungo periodo contenute nei rispettivi programmi il chiaro impegno nel presentare ai Calabresi un bilancio delle attività, compiute e incompiute, con cadenza annuale. In caso di eventuali scostamenti dal programma presentato agli Elettori, maggioranza e minoranza, non dovranno esitare a formalizzare le dimissioni immediate.
Noi Calabresi, sin da subito, potremo iniziare svolgere un ruolo straordinario e inedito evitando di alimentare polemiche, alzando polveroni per poi ritrovarci a litigare e dividerci. Teniamo in considerazione che proprio la divisione sociale ha già cristallizzato ai minimi termini il nostro agire quotidiano. Occorre riprendere in mano il controllo guardando al bene comune. Il confronto, vorrei sperare possa divenire il più nobile dei gesti tra gli intenti mossi all’interno di ogni Comunità evitando la sopraffazione mediante un diffuso desiderio teso a elevare il livello del confronto. Questa potrebbe essere la strada da percorrere affinché vi sia una diffusa puntualità nel riconoscimento dei nostri diritti con il conseguente rigetto di quell’idea che ne ha distorto il senso reale, facendo apparire agli occhi la concessione di un favore. Un esempio per tutti: nel 2021 non si può morire attendendo l’arrivo di una autoambulanza perché i tagli hanno dilaniato la sanità.
I social potranno essere uno strumento particolarmente utile alla nostra causa. Come ogni azione guidata dalle persone, sino a ora hanno assunto in alcune circostanze, la peggiore delle polarità immaginabili, caratterizzando di volta in volta l’opportunità offertaci dalla rete nel peggiore dei modi e rendendo tali spazi virtuali come luoghi nei quali sia possibile consumare faide virtuali destinate ad alimentare la diffidenza, lo scoramento e il mancato impegno politico. Tutto ciò, nel tempo, ha consolidato nell’immaginario collettivo l’idea che la politica sia soltanto marciume. Vorrei che iniziassimo a immaginare la politica intesa come servizio alla Comunità e non come esercizio del potere. Il mutamento dei sistemi sociali può essere avviato anche in questa fase, impregnata dal relativismo e distante da quei modelli che potrebbero generare opportunità di autentica importanza. Direi che i tempi sono maturi per rendere attuabile qualcosa che per altre generazioni era inimmaginabile.
Dobbiamo imparare a volare alto, altrimenti il primo mascalzone che si accorgerà del cambiamento da noi intrapreso, temendo di perdere il potere, ricorrendo alla scorrettezza dello sgambetto interromperà improvvisamente la nostra corsa facendoci nuovamente cadere nella rassegnazione.