Il fine della Scuola è simile a quello di un seme, piantato con amore dal contadino e finalizzato a generare buoni frutti.
Quanti lavorano nell’ambito scolastico, dimenticando la rispettiva funzione perché hanno scelto la scuola non per lavorare in classe ma per sfoggiare pubblicamente nomine e ruoli – praticati spesso male anche sulla carta -, inevitabilmente finiranno per “tormentare” quanti nella Scuola ci lavorano seriamente, con la consapevolezza di svolgere uno tra lavoro più belli al mondo ma purtroppo poco retribuito e spesso molto criticato.
Anche questa circostanza, per i miei amici non sarà un problema evidente. Sicuramente potrebbe esserlo per quanti sono impegnati nelle quotidiane “sfilate”, dettate dall’adempimento di “funzioni obiettivo” oppure nelle “missioni stellari”, a volte consistenti nel portare a passeggio per l’intera giornata un foglio di carta bianco nell’Istituto apparendo molto impegnati agli occhi della Comunità scolastica.
Quest’ultimi, una volta riconosciuti, dovrebbero essere chiamati a pagare di tasca loro lo stipendio al Ministero, in quanto grazie alla funzione ricoperta hanno raggiunto la massima realizzazione personale e professionale, sicuramente non praticabile nel mondo della libera professione o in altri impieghi. Inoltre, pensandoci bene, noi Italiani siamo così generosi al punto tale da retribuire quanti nella scuola compiono un duplice danno e cioè da una parte demotivano quanti vorrebbero lavorare e dall’altra alimentano la dispersione scolastica qualitativa e quantitativa.
Vi sono poi le soddisfazioni, raccolte quotidianamente da quanti in classe lavorano con puntuale attenzione, riponendo nei discenti attenzione e fiducia, sentimenti indispensabili per “recuperare” anche gli eventuali casi più problematici. Per loro non importa il peso del lavoro svolto in classe, spesso preparato a casa e mantenuto vivo nel tempo anche durante gli incontri con i genitori, occasione utile per confrontarsi sul progetto educativo e sulla fase di crescita degli studenti.
Il mondo scolastico, in questa particolare fase storica, richiede una puntualità organizzativa straordinaria e la consapevolezza che le bugie hanno le gambe ancora più corte di quanto si possa immaginare. Gli studenti sono i primi a sgamare chi mente, ripagando immediatamente con la sfiducia, mentre gli adulti, comprese le bugie, ripagano con l’ipocrisia e vanno avanti.
Rivedere dopo moltissimi anni “io speriamo che me la cavo” è stato emozionante. Vorrei poter condividere le emozioni provate con quanti continuano ad amare un mondo capace di rendere migliori anche quei bambini e quei giovani sprovvisti di mezzi, sostentamenti e spesso di quella cultura familiare propensa a scegliere per il futuro dei loro figli l’istruzione, da sempre autentico e unico ascensore sociale capace di aprire la strada del lavoro oggi integralmente mutato ma pur sempre esistente.
Ogni conclusione di Anno Scolastico siamo un po’ tristi e un po’ felici.
È passato un altro anno. Sicuramente, come capitò al maestro Sperelli, avremo incontrato per l’ennesima volta Raffaele e tanti altri studenti i quali, pur non essendo appartenenti al contesto “sgarrupato” narrato nella storia del piccolo comune Campano, non dimenticheranno quanti li hanno indirizzati nel corso della loro vita all’apprendimento con pazienza, fiducia e stima.
Buona estate ai miei amici insegnanti e dirigenti, quelli che lavorano seriamente.