Sono d’accordo con quanto afferma il Ministro Valdidara. Nel processo educativo dei giovani e nell’azione svolta dalla comunità educante, occorre coinvolgere anche la famiglia per sottoscrivere un patto educativo a più mani e prevedendo azioni alternative alle note disciplinari e alle sospensioni. Tutto ciò potrà essere fortemente utile a far comprendere una vecchia regola utile a molte generazioni: chi sbaglia paga ma poi potrà avere ancora le proprie opportunità.
Diversi anni addietro, più di dieci credo, nell’ambito delle attività progettuali svolte presso Istituti scolastici con i quali collaboravo professionalmente, si dovette affrontare un caso che analizzato in lungo e largo poteva essere configurato come bullismo. Personalmente non amo i clamori mediatici. Continuo ad essere convinto che la spettacolarizzazione finisce per punire una persona e galvanizzarne mille. Intanto, agli occhi di molti docenti, Dirigente compreso, vi era anche una circostanza che rendeva l’intervento alternativo proposto da me un po’ delicato. Il discente, a causa di una lieve malformazione, aveva un percorso differenziato, puntualmente svolto con il docente di sostegno. Intanto, lo stesso discente, furbo come una volpe, attento come un’aquila e scaltro come un giaguaro, riusciva sempre a tirare la pietra e puntualmente nascondere la mano e in molte circostanze la passava liscia perché scaricava le sue responsabilità su un suo compagno di classe particolarmente introverso. Tutto ciò era ormai una continuità, dalla prima all’ultima ora e per tutti i giorni della settimana. I docenti erano insofferenti e poi riuscì a scoprire che la povera vittima spesso non frequentava la scuola per evitare di essere vittima del compagno di classe. Un giorno incontrai davanti alla porta della presidenza questo ragazzo, particolarmente timido ma con lo sguardo profondo. Passando chiesi: come mai ti trovi con il registro in mano davanti alla porta della presidenza? Mi rispose: mi hanno sospeso. Incredulo domandai: cosa hai combinato di così grave per essere sospeso? Prima ci fu il silenzio, poi inizio a piangere e mi disse: non riesco più a sopportare Fabio (nome di fantasia). Lui si nasconde dietro la sua diversabilità e mi fa passare come il responsabile di quanto combina lui. Ci sedemmo davanti alla presidenza e con calma mi raccontò tutto. C’è stato un chiaro patto di collaborazione tra noi per venir fuori da quell’empasse. In tal senso mi impegnai a chiedere alla docente un ripensamento in merito alla nota disciplinare e lui doveva parlare con Fabio, dicendogli che mi aveva reso tutte le informazioni in merito ai fatti e al prossimo episodio ne avrebbe fatto in mia presenza condivisione con la Preside. Purtroppo, dopo qualche giorno da quel momento ci fu un ennesimo gesto consistente nel lancio dello zaino dal secondo piano. Procedemmo immediatamente a rendere edotta la Dirigente di quanto accaduto in quel giorno e nel tempo. Nell’occasione proposi per Fabio la “pena” alternativa che da tempo mi passava per la mente, constatando che la sospensione tradizionale da una parte rendeva gli studenti più felici e dall’altra respinti a fine Anno Scolastico. Procedemmo subito a convocare i genitori. La Dirigente fu subito d’accordo, anche perché era indispensabile dare un segno di discontinuità con il passato. All’arrivo dei genitori, illustrata la situazione, la mamma di Fabio non credeva alla versione illustrata. Con una ferma affermazione e irretita per il provvedimento proposto per punire il protratto comportamento del figlio credeva di poter avere ragione asserendo con tono quasi minaccioso che il figlio, essendo diversamente abile e avendo il sostegno non poteva essere destinatario di una punizione consistente nella risistemazione dei libri in biblioteca per un mese. Il papà di Fabio, in netto disaccordo con la moglie, era d’accordo con la mia tesi. Ho chiesto loro se volessero in futuro avere un figlio responsabile oppure se fosse loro intenzione alimentare i trattamenti poco consoni per un giovane, rischiando di trovarlo un giorno dietro le sbarre per aver commesso reati gravi. Dopo averli lasciati da soli, ho ricevuto piena condivisone per la misura proposta. Abbiamo stilato un patto educativo, sottoscritto dagli stessi genitori, dall’’alunno, dalla dirigente e da me. A rimanere male in quella circostanza era stato soltanto Fabio. Per la prima volta nella sua vita venne trattato come tutti gli studenti che sbagliano. Il valore aggiunto fu sicuramente la consapevolezza e la condivisione di un percorso nel quale era prevista la frequenza scolastica, veniva sottratta la spettacolarizzazione e di conseguenza era possibile anche riflettere sulle proprie responsabilità. In una seconda fase convocammo anche i genitori del compagno di classe preso di mira illustrando la scelta compiuta e condivisa. Durante quel mese, dalle 13:45 alle 14:30, in presenza del collaboratore scolastico e dopo aver risistemato i libri, ci si incontrava in sala professori per confrontarci e riflettere insieme sull’importanza delle responsabilità e dei valori che bisogna praticare quotidianamente nella vita. Grazie a quel provvedimento Fabio non fu bocciato. Il suo atteggiamento cambiò repentinamente. Ha più volte chiesto scusa al suo compagno di classe e spesso ha chiesto ai suoi compagni di esagerare. La sua crescita fu evidente anche in ambito scolastico e familiare. Dopo qualche anno avevo perso di vista Fabio e un giorno, in un centro commerciale situato nei pressi del mio paese, lo incontrai insieme a sua mamma. Incrociando lo sguardo ci siamo fermati per un saluto. Nel suo sguardo vedevo ancora gli occhi di chi aveva tanto da dirmi. Ricordo che lui prontamente mi disse che si era iscritto all’Università, frequentava la Facoltà di ingegneria informatica ed era a buon punto con voti ottimi; la mamma, con gli occhi lucidi e la voce tremante mi ha detto: dottore, avete contribuito a rendere mio figlio un uomo responsabile, facendogli capire in poco tempo che essere un bullo con i suoi coetanei non è la strada migliore per essere felici. Ringraziando i miei astanti ho detto loro: il merito non è mio. La scuola non cura le persone sane per abbandonare al loro destino le persone ammalate. Avendo scelto di lavorare per contenere la dispersione scolastica non potevo continuare ad usare le solite punizioni per far riflettere una persona che vive la vita senza conoscere le conseguenze per ogni singolo atto compiuto. Oggi, Fabio è un bravissimo ingegnere. Lavora in una prestigiosa azienda del Centro Italia e ogni tanto con piacere ricevo suoi messaggi nei quali vi sono spesso prestigiosi risultati.
Caro Francesco buon mattino.
Ho come sempre in verità, letto con molta concentrazione la tua confidenza -riflessione, molto emozionante e significativa.
Era tempo che non avvertivo più il piacere di leggerti e leggere scritti di pregio emotivo .
La tua nota sensibilità personale, creatività musicale e profonda cultura sociologica delle realtà territoriali compresse, come lo sono quelle nelle quali tu hai assicurato la necessaria attività di docenza, in ogni ambito scolastico di diverso ordine e grado , fanno di te un insegnante di vita buona. E si caro Amico Francesco RAO, la corretta e buona vita, non si trova e si compra al mercato rionale dei paesi del sud, centro, nord e isole italiane, ma è mia convinzione, che si diffonda così come continui a fare e fare bene tu, con tanta dedizione, impegno personale, coinvolgimento e cooperazione sociale, esempio, rispetto generalizzato e onestà intellettuale, non disgiunta da una forza morale e credo interiore, che ti sono propri e da tutti riconosciuti.
Continua così ed estendi i tuoi studi e ricerche sociali nelle umanità più fragili della nostra amata Calabria tirrenica e soprattutto Jonica, sicuro che il tuo modo di vivere semplice, le tue capacità di dialogo e ascolto, che hai sempre e ovunque concretizzato nei confronti dei Giovani, potranno rivelarsi aria e acqua pura da far respirare e bere, ai nostri ragazzi di Calabria e far conoscere con garbo innato e sincero, alle loro famiglie, sempre più disorientate e confuse.
Con profonda stima e gratitudine Calabra,
Emilio Gen. Prof. Errigo