Apprestandomi a scrivere questa breve riflessione, indirizzata benevolmente all’Amministrazione Comunale di Catanzaro, vorrei precisare che non è mia intenzione aprire una polemica; non intendo nemmeno tentare di portare all’attenzione dei lettori un fatto specifico con l’intenzione di generalizzare, su tutto e tutti, finendo per alimentare ulteriore sfiducia sulla nostra Calabria. E’ mia intenzione soffermarmi pacatamente sulla circostanza, condividendo con i gentili lettori una personale decodificazione del messaggio trasmesso proprio dall’immagine posta in copertina ed indirizzata ad un mondo che corre, non si ferma, guarda e, non potendo agire, preferisce voltarsi dall’altra parte proseguendo indisturbati il proprio viaggio. A quanto pare, prendere “carta e penna” ed indirizzare al Sindaco una formale comunicazione, volta a segnalare nello specifico la circostanza e, nello stesso tempo, sollecitare l’impegno degli uffici preposti affinché possa essere recuperato lo spazio destinato ad accogliere gli scolari mentre attendono lo scuolabus, auspicando anche un minimo di arredo, magari con una pensilina ed una panchina colorata non è una prassi praticabile. La foto è stata scattata qualche giorno addietro da una mia carissima amica, nelle prossimità del Viale “Conti Falluc”, quartiere Santa Maria di Catanzaro. Personalmente, sin dal primo sguardo posto sulla fotografia, mi son venuti due pensieri che vorrò brevemente illustrare: il primo è rivolto ai diretti interessati e, cioè, i bambini che fruiscono del servizio scuolabus; il secondo pensiero è rivolto sempre a quei bambini ma, traslato nel tempo, quando un giorno dovranno ricordare che attendevano lo scuolabus ai bordi della strada, senza un riparo, perchè al posto di una panchina ed una pensilina c’erano i fichi d’india. La mente dei bambini sa elaborare molto bene questi messaggi e, durante la fase formativa, l’esempio rimane uno dei migliori metodi pedagogici praticabili, in quanto pone il discente e la realtà che lo circonda in una condizione simmetrica. Quindi, se l’ambiente che circonda un fanciullo emana valori positivi, nel tempo, quel discente, oltre ad aver acquisito il processo formativo acquisirà anche la virtù civica. Al contrario, assorbire continuamente il disservizio, l’incuria e tutto ciò che arreca danno alla bellezza, contribuirà soltanto a spegnere quell’entusiasmo volto alla promozione del bello e contemporaneamente creerà una asimmetria tra ciò che viene studiato e ciò che viene vissuto, convincendo, soprattutto quanti vivono una condizione sociale più marginale, che lo studio e le regole rappresentano una inutile perdita di tempo. Sappiamo benissimo che lo studio e la virtù, soprattutto nel mondo giovanile, e soprattutto per il nostro futuro rappresentano il vero valore aggiunto destinato a divenire l’elemento di discontinuità con altre generazioni, poco attente alla promozione ed alla valorizzazione dell’impegno e del senso civico. Negli ultimi 16 anni, i residenti che hanno lasciato il Sud Italia sono stati 1 milione e 883 mila. Il 50% sono giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni; il 16% dei giovani emigrati si è trasferito all’estero; 800mila persone non hanno fatto più ritorno. Questi sono i dati pubblicati nell’ultimo rapporto Svimez e, alla luce di ciò, bisognerebbe riflettere in lungo e largo anziché continuare a fingere che sia tutto normale.
Se da una parte assistiamo a tale fenomeno, direi che è giunta l’ora di liberare tutta l’energia positiva immagazzinata nel tempo, guardando con ottimismo alla possibilità di essere finalmente Cittadini liberi senza dover essere proiettati sempre e solo alla guerra. Per illustrare meglio quest’ultimo concetto, particolarmente importante e di primaria circostanza, vorrei richiamare quanto ci ha insegnato la storia utilizzando come esempio il modello sociale vissuto nell’antica Grecia. Gli Spartiati e le loro famiglie venivano mantenuti da un sistema di rendita ben preciso. Ad essi veniva chiesto di essere fedeli guerrieri e coraggiosi combattenti. Inoltre, da 17 a 60 anni, in virtù del ruolo svolto, questi soldati non dovevano occuparsi di attività lavorative, di politica; non dovevano badare alla loro crescita culturale e non dovevano viaggiare. L’unico dovere loro riservato era combattere e vincere. Accanto al destino degli uomini di Sparta, vi era anche un triste destino riservato alle donne, sottratte alla guerra ma costrette e non essere emancipate e senza possibilità alcuna di poter ampliare la propria crescita personale, mediante il respiro della libertà vera. Questa dinamica, seppur immersa nella notte dei tempi, ha una certa somiglianza con l’agire praticato nel nostro Meridione e durata addirittura sino agli anni ‘80 e ’90, quando a Nord si viveva il benessere generato dalla ripresa e dalla ricostruzione post bellica mentre nel Meridione si pensava a lavorare, assistere la famiglia cercando di recuperare maggiore ricchezza, da aggiungere al misero salario da lavoro, venivano utilizzati al massimo le risorse economiche fornite dello Stato sotto forma di assistenzialismo. Al fine di far comprendere il peso del divario Nord-Sud, riporto alcuni dati, relativi alla ripartizione percentuale della diffusione della stampa periodica in Italia nel 1977. In Lombardia veniva acquistato il 22,86 % della stampa periodica prodotta in Italia, mentre in Calabria veniva acquistava soltanto l’1,33%*. Come per gli Spartioti, anche in una parte predominante del Meridione, la rassegnazione al proprio destino e la sub cultura sono divenute nel tempo la base dell’aggressività, dell’apatia nei confronti dello Stato e delle sue Leggi rendendo le fasce sociali più marginali della modernità a diventare fedeli soldati del nobilotto di turno o del politico del momento, entrambe intenti ad usurpare al malcapitato di turno la devozione a vita in cambio di qualche favore praticato non per rendere utilità al diretto interessato ma per fidelizzare molte altre persone al proprio potere, dimostrando che stare vicini alle persone che contavano significava ottenere sicuri benefici. Tutto ciò ha danneggiato lo sviluppo, il benessere e la possibilità di essere parte integrante di una nazione. Nel Terzo Millennio qualcosa inizia a muoversi in positivo. La rassegnazione, seppur timidamente, perde priorità in quanto la denuncia sta divenendo uno strumento destinato ad aprire un cambiamento, posto in netta rottura con il passato. Certo, ancora c’è tanto da fare e necessitano molte persone propense a lavorare in tal senso. Sarà indispensabile soprattutto stimolare l’apparato statale, presente a Sud, ancora non ai livelli di celerità ed efficienza del Nord, ad un maggiore impegno affinché, oggi come ieri, il paragone di Atene in contrapposizione a Sparta, possa essere un riferimento storico non un fatto sociale ancora in vita con le sue sfumature e le sue divisioni interne. Riprendiamo il nostro discorso iniziale, aperto perché dove era prevista la fermata dello Scuolabus, l’incuria umana ha consentito la vegetazione di una fitta quantità di fichi d’india, ed alla luce dell’evoluzione storica e del miglioramento sociale presente in Calabria, proviamo a fare la differenza con il passato, chiedendo a chi di competenza, di voler intervenire restituendo anche ad un solo bambino o ad una bambina, la fruibilità di un luogo che ha la stessa identica valenza del servizio scuolabus predisposto dal Comune e dalla presenza dei docenti in aula tutte le mattine alle 8.00. La virtù dei giovani del futuro, verrà costruita anche mediante queste semplici ma importantissime azioni che ogni amministratore dovrà tenere in considerazione nell’esercizio delle proprie funzioni.
* I dati sono stati ricavati dalla consultazione del Dizionario Enciclopedico Treccani
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