Mi occupo prevalentemente di tematiche afferenti al mondo giovanile, trattando con particolare interesse questioni legate al mondo del disagio sociale quali cause principali che alimentano ancora il diffondersi delle povertà educative. Avendo affrontato il tema più volte, personalmente intravedo nell’insuccesso scolastico ed anche nelle cause di dispersione scolastica che poi finiscono per alimentare i casi di disoccupazione giovanile la condizione socio-economica delle famiglie. Il Meridione d’Italia, seppur la Costituzione abbia previsto forme di sostegno per i più bisognosi, vive ancora il fortissimo peso del divario sociale. Anche se iniziano ad essere evidenti le azioni rese possibili dall’ascensore sociale per eccellenza individuabile nel diritto all’istruzione, ancora oggi non è stato raggiunto un vero e proprio livello di garanzia per quanti non possono permettersi di studiare. Il porto di Gioia Tauro, rappresenta per il Meridione e soprattutto per l’area vasta afferente a questa straordinaria infrastruttura, una grande opportunità dove potrebbero trovare occupazione qualificata migliaia di persone, limitando gli effetti dettati da uno dei redditi pro capite più basso d’Europa e dal collasso occupazionale dove sono identificabili tra gli interessati anche giovani che con mille sacrifici hanno studiato e conseguito altissimi traguardi formativi purtroppo non in linea alla richiesta del mercato del lavoro. Essendo stato invitato dal Direttore di Calabria.Live Santo Strati ad analizzare il contesto socio-economico di questa realtà che potrebbe cambiare il volto di un Meridione sempre più povero e marginale, ho raccolto vari contributi scritti. Dopo essermi confrontato con quanti vivono la portualità quotidianamente, ed in tale realtà ripongono oltre all’impegno il loro sapere, le loro energie e la loro professionalità ed avendo ricevuto riscontri scritti da alcuni parlamentari del territorio, pensando al futuro dei giovani ed alle opportunità occupazionali che potrebbero essere create in questo territorio, ho inviato alla Redazione il seguente contributo.  

Sul Porto di Gioia Tauro è stato detto e scritto tanto. Personalmente penso che le pagine più belle ed interessanti, ancora siano da scrivere e realizzare. Accanto ai diffusi sentimenti di fiducia, manifestati nei confronti di una delle realtà economiche più importanti del Mediterraneo, spesso continuano ad essere accostati i velati stati d’animo tesi ad immaginare il contrario, intravedendo di volta in volta ed in ogni fisiologica fase di criticità, la volta buona per scrivere la parola fine ad uno dei più grandi sogni realizzati in Calabria ma ancora non compreso da moltissimi Calabresi. A volte, osservando da lontano questa realtà, mi domando: la spinta inerziale di questa straordinaria opportunità, sarà stata più forte di ogni nostra resistenza al cambiamento? Non ho una risposta a tale domanda. Forse, ancora oggi, come in passato, continuiamo ad intravedere nelle opportunità di cambiamento una minaccia? Ogni qual volta si apre una nuova fase, tendiamo ad alimentare quell’atteggiamento volto alla diffidenza, prendendo le distanze per poi vivere d’attendismo, senza avvertire quel dovere di schierarci per alimentare i sogni rendendoli concreti. Tali sentimenti, potevano avere ragione nel passato, in una società meno avvezza all’informazione ed al sapere. Dopotutto, ai tempi della Rivoluzione Industriale erano i luddisti a non voler accettare il progresso dei mezzi di produzione al punto tale di vedere nelle rudimentali macchine un nemico. Purtroppo, ogni anno la Calabria vede partire una buona parte dei propri figli. Buona parte di essi scelgono di frequentare le sedi università del Centro-Nord, trovando in tali realtà occupazione e stabilità, rendendo ad altre realtà sociali il godimento della professionalità appresa; altri scelgono di cercare lavoro fuori in quanto le opportunità occupazionali in questa terra appaiono sempre più difficoltose.   Una minima parte dei nostri giovani, dopo aver studiato fuori sede, rientra nella terra natia con la speranza di potersi mettere in gioco, ponendo al servizio delle rispettive Comunità il loro bagaglio culturale ed umano. Un dato appare chiaro: l’entusiasmo, la preparazione e l’energia di quanti scelgono di rimanere in Calabria, oppure di quanti hanno scelto di rientrarci per avviare attività lavorative, a volte è una delle criticità peggiori che il nostro territorio si trova a dover elaborare come minaccia e non come opportunità. Anche in questa fase, il dover continuare a fare ciò che è stato sempre fatto, diviene l’elemento di rottura volto a separare le strade di quanti vorrebbero impegnarsi per far crescere le opportunità con quanti invece preferiscono che tutto continui ad essere come è sempre stato.  Con molta probabilità, nel DNA di moltissimi miei conterranei continuano a prevalere in modo preponderante il limite della rassegnazione, la paura di poter realizzare i sogni e la volontà ad esercitare senza soluzione di continuità l’arte dell’arrangiarsi. Questo scenario, come potrà essere ben comprensibile, non lascerà molto spazio al cambiamento e soprattutto troncherà la speranza e la voglia di crescere al punto tale da rendere il tutto sullo stesso piano di una strada resa impercorribile da quanti non riescono a cogliere l’importanza del cambiamento.

Dall’Unità d’Italia ad oggi, diciamocelo chiaramente, tra le mille difficoltà riscontrate, abbiamo saputo anche compiere qualche passo importante. Primo fra tutti l’impegno proteso a rompere le catene dell’ignoranza ed individuando nei processi di apprendimento un modo privilegiato per affrancarci dalla disoccupazione e dall’isolamento culturale. Avviato il percorso virtuoso della crescita sociale, non siamo poi stati bravi ad estendere analogo desiderio con l’identica tenacia per sconfiggere il male dei mali che affligge da sempre la nostra terra: la criminalità ed i crimini da essa compiuti.

Al mondo delle devianze possono essere imputate molte delle responsabilità ancora oggi evidenti nel nostro tessuto sociale e gran parte nella reputazione internazionale, poco edificante  posta sulle spalle dei Calabresi, tende ad essere aggravata dagli effetti pervasivi di una web reputation diffusa ad una velocità incontrollabile in quanto veicolata tra le utenze del villaggio globale in pochissimi secondi. Gli effetti negativi continuano ad essere il pretesto per immaginare e far immaginare che la Calabria ed i Calabresi tutti, siano un tutt’uno con la malavita. Manca un pensiero critico teso a sensibilizzare una realtà che stenta a passare nel sistema dell’informazione: in Calabria, la percentuale più alta delle persone e delle realtà aziendali ed imprenditoriali, andrebbero definiti come soggetti afferenti alla buonavita. Quest’ultimi invece, ogni giorno sono doppiamente vittime in quanto la morsa dell’informazione di massa stringe ogni opportunità di riscatto perchè da una parte c’è l’indifferenza e dall’altra il peso della malavita e della criminalità.

All’interno di questo scenario, sono presenti anche realtà che si battono, sognano, denunciano ogni giorno, ma spesso sono abbandonati nella solitudine della loro utopia e, una volta sfiancati, saranno costretti ad abbandonare la lotta perché con amarezza comprenderanno di essere soli ed inefficaci. Tutto ciò, in un silenzio assordante continua incessantemente ad ostacolare quel naturale processo di crescita che avremmo già dovuto vedere e vivere senza dover continuare ad essere intrappolati in un divario Nord-Sud irrecuperabile.

Senza voler essere retorico, ma per un profondo desiderio di riscatto per la mia terra, per poter superare le pregresse criticità, è indispensabile trovare il coraggio di comprendere come e quanto la politica, durante le varie fasi del passato, non sia stata sempre dalla nostra parte. Anzi, leggendo le fasi più cruciali del nostro Meridione, quando c’era bisogno di spingere sull’acceleratore per creare nuove opportunità di sviluppo, tese a renderci una realtà territoriale e sociale protesa verso lo sviluppo, i vari Governi hanno ben pensato di farci segnare il passo, utilizzando l’assistenzialismo per impedirci di sognare e realizzare una Calabria migliore. Purtroppo, il segmento sociale che riceveva gli aiuti di Stato non aveva gli strumenti culturali per comprendere che quelle azioni erano un guinzaglio che da una parte teneva sotto controllo le masse sociali e dall’altro consentiva al Centro Nord di correre lasciando il Meridione al palo. Per noi, oggi, stare al passo con l’altra parte dell’Italia e con l’Europa significherà dover compiere un arduo cammino.

Con lo sguardo del dopo, senza voler puntare il dito contro quella stragrande parte di Calabresi che si recavano alle urne senza comprendere il potere in loro possesso, mossi a volte da una spinta esercitata dalla tessera di partito oppure da una pacca sulla spalla, ricevuta dal “notabile” di turno, oltre alle persone elette, profondamente impegnati a svolgere mandato ricevuto con impegno e dedizione, molti altri, ad elezione avvenuta, non hanno più voluto saperne ne delle persone ne dei problemi di questa terra e spesso, molti di loro, hanno deciso di vivere esclusivamente nella Capitale. In una realtà sociale dove a prevalere è stata per molto tempo l’incertezza e gli altissimi tassi di analfabetismo, molti Calabresi umili ed onesti hanno lavorato la terra a mani nude, hanno svolto lavori senza essere contrattualizzati come previsto dalle Leggi vigenti, hanno cercato di spendersi in ogni modo per andare avanti ed il loro percorso è stato sempre più paragonabile ai piccoli passi compiuti in una selva oscura. Provando ad immaginare tutte queste difficoltà, sarà molto più semplice comprendere i perché hanno reso il fenomeno migratorio, una opportunità. Questa dinamica, da una parte ha generato la spoliazione dei paesi e l’abbandono dell’economia locale, prima fra tutti l’agricoltura. Dall’altra ha reso possibile un incremento del fenomeno migratorio da Sud a Nord interessando migliaia di persone, disposte ad essere impiegati nei lavori offerti da fabbriche, cantieri ed aziende che domandavano specializzazione ma soltanto la forza delle braccia.   I Moti di Reggio Calabria hanno aperto una fase dove la rivolta sociale e la protesta hanno fatto tremare i polsi del Governo. Si pensi che per tentare di arginare quel fenomeno, partito dal basso, dopo aver schierato l’esercito nelle strade di Reggio Calabria per impedire la sommossa popolare si aprì una fase distensiva grazie al famoso “pacchetto Colombo”, provvedimento normativo destinato a creare una forte aspettativa di rilancio socio-economico, destinato ad essere fallimentare ancor prima di poter essere realizzato.

Per citare alcune delle iniziative assunte a metà degli anni ’70 del Secolo scorso, basterà indicare la creazione dello stabilimento Liquichimica di Saline Joniche, realizzato e fatto funzionare per pochissimi giorni,  ed il V centro siderurgico di Gioia Tauro per il quale, il 25 aprile 1975, Giulio Andreotti, all’epoca ministro per il Mezzogiorno, presenziò in occasione della posa della prima pietra per la costruzione del Porto. In quella circostanza, lo stesso Andreotti ebbe modo di manifestare il suo proverbiale senso dell’ironia commentando la sfiducia delle popolazioni locali nei confronti delle promesse del governo con l’affermazione “i calabresi hanno ragione di diffidare”, disse, “perché spesso, alla prima pietra, non segue la seconda”. Le parole del politico furono in realtà veritiere. Alle centinaia di ettari di agrumeto abbattuti, unitamente alla cancellazione di Eranova, piccolo paese raso al suolo per creare l’enorme area antistante al Porto, il centro siderurgico non fu realizzato e il Porto non entrò in funzione. Dal 1975 fu poi necessario attendere il 15 Settembre del 1995 per intravedere un barlume di speranza, questa volta messo in atto dall’armatore e banchiere ligure Angelo Ravano con la realizzazione dell’allora più importante infrastruttura portuale del Mediterraneo.

Dopo questa breve premessa, vorrei soffermarmi brevemente sulla realtà attuale del Porto di Gioia Tauro, ancora oggi tra le più importanti realtà portuali a livello mondiale. Intanto, mentre da circa un anno è presente nella realtà portuale Calabrese un nuovo armatore e con esso lo scorso anno abbiamo assistito ad un fortissimo incremento dei numeri della movimentazione di containers, oggi vi sono ancora alcuni limiti che i vari Governi, succeduti nel tempo, non hanno risolto. In primis mi riferisco all’ormai conclamata prassi dei commissariamenti praticati in una Calabria che non può progredire e sperare di concorrere con altre realtà, dotate di autonomia gestionale e di una governance ben strutturata. Nell’ambito portuale, per rispondere alle complesse e crescenti esigenze manifestate dai vettori, bisogna avere una visione e soprattutto una maggiore velocità nel poter agire contando inoltre sulla piena efficienza di un sistema interconnesso. Inizialmente il Porto di Gioia Tauro nasce con la finalità del transhipment – letteralmente tradotto dall’inglese trasbordo – oggi, con l’apertura del gateway, i containers potrebbero ripartire da Gioia Tauro alla volta di qualsiasi luogo posto in Europa non servito dalla portualità, mediante rete ferroviaria. Questa opportunità, praticata in moltissime realtà portuali, arrecherebbe al nostro territorio una naturale estensione di opportunità tanto in termini occupazionali quanto in economici che potrebbero essere il vero punto di svolta. Eppure, dal 1995 abbiamo dovuto attendere al 2020 per vedere realizzato il Gateway ferroviario e poter assistere all’arrivo di due treni per la fase di prova. Ancora il servizio non è a regime. Voglio sperare che tale realtà non divenga un’ennesima cattedrale nel deserto.

Intanto, da Novembre 2015, l’attuale Commissario dell’Autorità Portuale, seppur nel rispetto dei limiti dettati da una nomina commissariale, rinnovata in successione da ben tre governi e prossimamente dal quarto, ha lavorato alacremente per realizzare quanto era indispensabile al Porto per poter essere nella condizione di creare gli incrementi di movimentazione e con essi lo sviluppo atteso. Come già detto, l’ultima delle opere previste dal piano di lavoro presente nella scheda relativa agli Assi I, II e III del PON infrastrutture e Reti 2014-2020, è stato il Gateway Ferroviario realizzato a fronte di una spesa di € 19.955.899,74. Volendo essere obiettivi, in tale sistema, continua ad esistere un paradosso tutto Calabrese: la linea ferroviaria, da Gioia Tauro a Battipaglia, non consente il transito di convogli superiori agli attuali 550 metri. Eppure, nei programmi elettorali, negli impegni dei Ministri e nelle raccomandazioni dell’Europa, questo tema ha sempre trovato spazio ma seppur la scheda del PON infrastrutture sopra citata, prevedeva i fondi, ad oggi mancano i fatti.

L’altra grande opportunità per il Porto di Gioia Tauro, traducibile in una vera e propria opportunità di crescita e sviluppo socio-economico per il territorio, è rappresentata dall’istituzione della Zona Economica Speciale, più comunemente chiamata ZES e cioè una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata con le caratteristiche stabilite dal regolamento UE 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti. Seppur il primo atto ufficiale teso a concretizzare operativamente tale opportunità sia datato 7 Marzo 2019, ad oggi il processo normativo praticato per l’istituzione della ZES a Gioia Tauro non è servito per creare quei presupposti previsti dalle norme istitutive, facendo divenire concreto ciò che il Legislatore ha previsto con le annesse opportunità ed i numerosi vantaggi economici. Anche in questo caso, la politica non è stata dalla nostra parte. Chissà, oltre a nominare l’attuale Commissario alla ZES sarà stata istituito un Team di lavoro ed una struttura organizzativa?

Prima di concludere questa riflessione, mi sia consentito di chiedere a me stesso ed a quanti vorranno riflettere in merito sul perché il Porto di Tanger Med, situato anch’esso in una zona strategica, grazie all’istituzione della zona sua “franca”, oggi oltre ad essere il primo porto di transhipment nel Mediterraneo – dato confermato per il terzo anno consecutivo- ,grazie all’istituzione della ZES sono presenti ben 600 imprese tra i quali Renault, Nissan e Adidas ed il valore prodotto complessivamente  dagli insediamenti produttivi si traduce in circa 76.000 dipendenti e ben 4 miliardi di euro annui?  Nel rispondere, venga tenuta in considerazione la realtà storica del Porto di Gioia Tauro, in parte narrata nella premessa sovrapponendola alla velocità praticata dal Porto di Tanger Med, dove i lavori sono iniziati nel 2004 e la prima nave attraccava sulla banchina nel 2007.

Come si potrà ben dedurre, nel corso degli ultimi 50 anni, la nostra capacità e soprattutto la nostra volontà nell’essere e diventare autentici protagonisti, con l’intento di poter generare un riscatto socio-economico autentico e finalizzato a risollevare il nostro territorio, nel tempo è stato costretto a lasciare spazio a quanti non hanno perso tempo per utilizzare i vari pretesti per generare ostacoli, ritardi e fallimenti.

Vorrei sperare di non dover assistere ad un ennesimo ricorso storico, auspicando nella bellezza delle idee e nell’impegno di una grande comunità come quella dei Calabresi, pronta a sostenere una fase innovativa dove ogni nuova scommessa per il futuro non continui ad essere una minaccia per il sistema ma una straordinaria opportunità. Insomma, la strada da praticare dovrà essere improntata su criteri afferenti all’economia circolare dove i vecchi problemi possano essere governati con nuovi metodi. Purtroppo paghiamo un abissale ritardo perché in passato, vecchi e nuovi problemi venivano tamponati con metodi reiterati nel tempo e seppur di volta in volta risultati non idonei e funzionali, trovavano ennesimo impiego.

I Calabresi posseggono la buona volontà per resistere alle pressioni esterne tese a screditare la nostra realtà ma adesso bisognerà passare dalle parole ai fatti.

*  La presente riflessione è stata pubblicata nel supplemento monografico al quotidiano Calabria.Live del 23 Febbraio 2021 consultabile in modalità cliccando su Porto Gioia Tauro

   

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