A pochissimi giorni dal voto, in Calabria si assiste all’intensificazione delle varie iniziative promosse dai 4 candidati alla carica di Presidente, supportati dai singoli candidati che compongono le 22 liste in lizza per conquistare uno dei trenta seggi in consiglio regionale. A tenere alta l’attenzione, da una parte vi è l’attesa per verificare il risultato finale di questa competizione elettorale, dall’altra non si da per scontata qualche eventuale sorpresa dettata dall’insieme di quei mutamenti sociali che, nel percorrere la loro evoluzione lungo lo stesso binario sul quale viaggia la politica, potrebbero inaspettatamente generare nuovi equilibri apportando qualche variabile ai modelli di tenuta sociale. Per molti versi, nell’immaginario collettivo, il ruolo rappresentato dall’istituto della democrazia inizia a sfuggire di mano e l’effetto degenerativo, insito di un sistema che non intravede più la persona come decisore nella vita democratica ma tende ad associare l’idea del Cittadino in un ruolo innovativo nel quale grazie all’uso dei canali social esercita un ruolo inedito riservato in passato ai soli rappresentanti eletti dal Popolo. Basti pensare che oggi chiunque può scegliere se sostenere o demolire politici, medici e magistrati per poi riabilitarli, esortarli e amarli il giorno dopo. Tutto ciò, inevitabilmente, finisce per creare da una parte confusione e dall’altra insicurezza. A rafforzare queste ultime due circostanze incide anche una crescente penuria di competenze. Tale realtà, poco interessa alle masse e con azioni ben definite diviene particolarmente semplice e scontato esercitare un potere incontrollabile e difficilmente misurabile. La platea degli spettatori passivi, ossia le persone letteralmente bombardate da una quantità immane di fatti che quotidianamente alimentano la diffusione della disinformazione di massa hanno ormai raggiunto la saturazione, assumendo come conseguente reazione l’indifferenza nei confronti del sistema e spesse volte la degenerazione più impensabile. In passato le reazioni avverse sfociavano in scioperi, manifestazioni e assemblee. Allora, la quantità della partecipazione politica era altissima e soprattutto vi era una folta quantità di attivisti che motivava e coinvolgeva intere generazioni. Oggi, tali modelli non sono stati del tutto collocati in soffitta. Nei momenti più opportuni la partecipazione viene fatta veicolare tanto nell’etere quanto nell’improvvisa riabilitazione delle piazze e quando scatta la molla della partecipazione si è pronti a tutto. Nessuno avrebbe mai pensato che potesse esserci l’affermazione della Telecrazia eppure, un insieme di circostanze ha convinto le persone a partecipare al dibattito politico mediante l’utilizzo di nuovi strumenti di comunicazione e spronati dalla convinzione che tale scelta non riguarda l’altro ma riguarda principalmente il futuro di sé stesso. Essendo in una fase conclusiva della campagna elettorale, nella quale i Calabresi sono chiamati ad eleggere gli organi di governo e assistendo alle continue presenze dei leader nazionali, giunti in questa martoriata terra per sostenere le rispettive coalizioni, la mia attenzione si è soffermata su quello che potrebbe essere il segnale più emblematico di tutta la campagna elettorale, forse poco considerato dagli analisti oppure volutamente collocato in un basso profilo per mera convenienza. Mi riferisco all’affluenza dei Calabresi accorsi nelle piazze in occasione dei Comizi tenuti dall’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, oggi divenuto leader del movimento fondato da Grillo. Se ai tempi dei partiti politici vigeva l’affermazione “piazza piena urna vuota”, il 5 ottobre potremo constatare quale sia stata la potenza di fuoco espressa dalle politiche di governo messe in atto dal M5S e principalmente dalla misura di welfare riconducibile alle 62.584 famiglie di Calabresi che a causa della mancanza di un lavoro stabile percepiscono il Reddito di cittadinanza. Per evitare qualsiasi forma di fraintendimento, come già affermato in altre sedi, giudico la misura introdotta dal Governo Conte e fortemente voluta dal M5S come una straordinaria conquista sociale che da una parte restituisce dignità alla Persona mentre non reputo in linea con le aspettative di una democrazia moderna il protrarsi di tale fase di sospensione occupazionale, generata anche a seguito della mancata attuazione delle attività che dovevano svolgere i navigator presso gli Uffici del lavoro e l’apporto che i percettori avrebbero dovuto dare alla Pubblica Amministrazione mediante la realizzazione di contratti di pubblica utilità, nei percorsi formativi volti a riqualificare gli interessati ed inserirli nuovamente nel segmento occupazionale. Detto ciò, i Calabresi saranno propensi a credere ancora una volta alle varie promesse elettorali, sostenendo politici che in grosso modo hanno affrontato allo stesso modo, in lungo e in largo i problemi della Calabria, senza voler affondare il bisturi negli ambiti più delicati, oppure rinnoveranno la loro fiducia a quanti, bene o male, hanno consentito loro di vivere una quotidianità dignitosa, soprattutto quando il primo lock down del marzo 2020 ha chiuso in casa le persone, impedendo loro persino di poter lavorare per guadagnare da vivere? Accanto a questa domanda, vorrei anticiparne un’altra e buona parte della risposta giungerà soltanto quando conosceremo l’esatta percentuale dei Calabresi che avrà scelto di recarsi alle urne: il partito del non voto, quando verrà preso in seria considerazione dalla politica? In esso risiedono tutti quei bisogni che nel tempo proprio chi chiede il voto e promette bene non ha voluto, potuto ed inteso soddisfare.
*la presente riflessione è stata pubblicata sul quotidiano “Calabria.Live”, diretto da Santo Strati nell’edizione dell’1 Ottobre 2021